E’ Stata la mano di Dio-Una lettera d’amore in chiave mediterranea.
- cinebucolico
- 15 set 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 dic 2022
a cura di: Carmen.

Il cast di “E’ stata la mano di Dio” diretto da Paolo Sorrentino.
“È stata la mano di Dio” è un film del 2021 scritto e diretto dal regista Paolo Sorrentino, presentato alla 78° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia nonché vincitore del Leone d’argento (e non solo). Esso si presenta come un film personale ed autobiografico capace però di trasmettere, nella sua semplicità, la ricostruzione di una vita quotidiana in cui lo spettatore può identificarsi facilmente. Una pellicola tanto scarna nella sua fotografia quanto complessa e piena di messaggi velati importanti, come nella scelta del titolo, che mescola il sacro al profano.
Il richiamo agli anni Ottanta e l’adolescenza bucolica..
La storia è ambientata nell'estate degli anni Ottanta a Napoli: gli anni di Maradona, il mangiacassette, il primo governo di Bettino Craxi, il cinema di Massimo Troisi e soprattutto gli anni della gioventù di Fabietto Schisa (interpretato da Filippo Scotti), protagonista della pellicola. Egli vive la propria giovinezza fatta di sogni ed incertezze, insieme alla propria famiglia composta dal padre Saverio (Toni Servillo), la madre Maria (Teresa Saponangelo) e i fratelli Marchino (Marlon Joubert) e Daniela (Rosella di Lucca). Nella prima parte del film la quotidianità di Fabietto si divide tra pranzi vivaci di famiglia nella casa al mare, l’imbarazzo nel reprimere le prime curiosità sessuali - nate dalla presenza della bellissima zia Patrizia (Luisa Ranieri) - e l’euforia travolgente condivisa con il fratello Marchino nel vedere "la propria divinità" calcistica giocare nella squadra del cuore. Ma l’armonia in questo film viene spezzata da un tragico evento che stravolge la vita del giovane Schisa e dei suoi fratelli: la morte dei propri genitori. Nella seconda parte del film, infatti, Fabietto si ritrova desolato e disorientato, costretto a dover far fronte a delle grosse responsabilità, perdendo improvvisamente tutta la stabilità ed il supporto emotivo che solo la sua famiglia sapeva offrirgli. Sorrentino, in maniera delicata e sensibile, ci mostra come il dolore possa aprire canali sensoriali ed emotivi forti e di come non sia necessario soffocare del tutto quel tipo di sentimento.

Filippo Scotti in “E’ stata la mano di Dio” diretto da Paolo Sorrentino.
La vulnerabilità e la sensibilità agli occhi del regista vengono, quindi, raffigurate come un dono prezioso rispetto a come siamo abituati a percepirle noi nel nostro quotidiano. Fabietto Schisa si può considerare di fatto l’antieroe per eccellenza: non è un ragazzo carismatico, fatica a relazionarsi con i suoi coetanei e non ha un punto di vista nitido sul mondo. Inoltre è insicuro, timido e goffo, e per questo il suo senso di inadeguatezza prende libero sfogo nei confronti del cinema.
Il cinema si rivelerà essere protagonista di uno dei momenti più profondi e criptici presenti in “È stata la mano di Dio”: durante uno spettacolo di Yulia (Sofya Gershevich), Fabietto assiste all'intervento brutale del regista Antonio Capuano (Ciro Capuano) che mette in risalto platealmente tutti i difetti dell'attrice, per poi abbandonare la sala.
Il giovane Schisa insegue il regista nell'intento di confrontarsi con lui per parlare della sua volontà di studiare cinematografia; l'incontro con Capuano si protrae tutta la notte e la conversazione tra i due diventa sempre più personale, fino a sfociare in un dibattito acceso che porta il regista ad istigare in maniera irruenta il ragazzo al fine di tirare fuori in lui le motivazioni che lo hanno spinto a voler intraprendere a tutti i costi la carriera da regista. Fabietto risponde di voler partire per Roma, motivando la sua risposta in maniera poco chiara; Capuano s'innervosisce e cerca di fargli capire che la 'fuga' verso Roma non è la soluzione, invitandolo a fine conversazione a non “disunirsi”e di restare nella sua città natia.
"Non ti disunire, Fabio. Non ti disunire mai" sono le ultime parole del regista rivolte al protagonista: una frase che allude al fatto di ricordarsi sempre da dove si viene, di rimanere sempre sé stessi preservando la propria unicità. Nonostante i consigli di Capuano, il ragazzo prende atto delle proprie decisioni lasciando la propria Napoli per inseguire il suo sogno a Roma; ed è proprio durante il suo viaggio verso l'ignoto che o'monaciello (figura spirituale del folclore napoletano) si manifesta a Fabietto salutandolo in lontananza alla fermata del treno, mentre quest'ultimo lo guarda incredulo e ricambia il gesto dal finestrino. Il film si conclude con una sequenza che lascia libera interpretazione allo spettatore: Fabietto è ancora sul treno per Roma e dopo aver visto o'monaciello ammicca un sorriso, si mette le cuffie e continua il suo viaggio con un'aura diversa.
C'è speranza nei suoi occhi.
In conclusione “È stata la mano di Dio” può essere considerato un amarcord in chiave mediterranea, nonché l’opera meglio riuscita e completa di Sorrentino. Un film puro, semplice, in grado di destabilizzare emotivamente anche i cuori più aridi. Ne consiglio caldamente la visione.
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