L’epopea di Koroshi no Rakuin - Il genio di Seijun Suzuki
- cinebucolico
- 4 nov 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 2 dic 2022
a cura di: Chiara Musicò.

Un film «that make no sense and make no money[i]»: è così che la Nikkatsu definisce 殺しの烙印 (Koroshi no Rakuin; Branded To Kill; La Farfalla sul Mirino) quando comunica a Seijun Suzuki le ragioni del licenziamento. Il film li aveva confusi e sconvolti ed era per loro incomprensibile. Si parla, dopotutto, di uno yakuza film provocatorio e pulp, che turba non poco la critica. Federico Gironi definisce Koroshi no Rakuin come
«Un film inafferrabile e spericolato, avanguardistico e anarchico [...]. In Koroshi no Rakuin si fondono i film di yakuza, il noir occidentale e quello orientale, James Bond e la Nouvelle Vague, comicità vicina allo slapstick e erotismo mortifero e morboso. Il tutto applicato a una sceneggiatura ellittica e enigmatica, e all’uso di praticamente tutto il repertorio classico dei cliché del genere è talmente esasperato da andare in frantumi, da essere destrutturato e triturato da una forma sghemba, un incedere surrealista, un costante ribaltamento di toni e situazioni che si manifestano attraverso scelte ardite di montaggio e d’inquadratura, oltre che nella natura fantasmatica dei dialoghi[ii]».
In effetti, di elementi avanguardistici, Koroshi no Rakuin ne è pieno. Le animazioni in sovraimpressione ne potenziano le fattezze fumettistiche intersecando sapientemente il mezzo cinematografico ai manga giapponesi: l’improvvisa alternanza dinamica di farfalle, gocce d’acqua ed altri disegni produce uno shock inaspettato, stravolgendo completamente gli orizzonti di attesa dello spettatore. È anche così che, in Koroshi no Rakuin, l’onirismo inizia ad insediarsi: l'atmosfera alla Un Chien Andalou va ad intensificarsi minuto dopo minuto anche tramite gli espedienti dell’acronia e del dialogo criptico. Traspaiono in questo modo le idee di Seijun Suzuki per quanto riguarda il tempo nel cinema.
«I started a long time ago there’s no grammar for cinema. Basically, there is the wide shot and light shot, and there’s the reverse shot, the over-the shoulder shot, and so on. That’s the basic rule of cinema, and I guess everybody knows that. I said “there’s no grammar” because I think there is no fixed time and space in a movie. That is, in normal movies, they take care to show time and space. They use that as basic rule. But in my films, spaces and places change. Let’s say in one shot, there are two characters, and for the reverse shot of this one person, this person could be in a totally different place. But still the film could make sense. Plus, you can cheat the time with the editing. It might look funny but it cuts. I guess that’s the strength of entertainment movies you can do anything you want to, as long as those elements make the movie interesting. That’s my theory of the grammar of cinema[iii]».


La trama
Nella classifica dei killer della sua Organizzazione, il sicario Goro Hanada si posiziona al terzo posto. Riceve come incarico quello di scortare un pezzo grosso dall’identità a lui ignota, ma la missione viene complicata dall’attacco improvviso dei killer numero due e numero quattro, che tentano di ucciderlo. Eliminati gli avversari, Hanada riesce a portare a compimento il suo dovere e lo sconosciuto è tratto in salvo. Il sicario passa oltre questo incidente e continua ad esercitare la sua professione come ha sempre fatto, fino a quando non gli viene assegnato un altro assassinio molto difficile. Misako, una sua collega, lo affiancherà nel portare a termine l’incarico. Hanada, però, fallisce e diventa il nuovo bersaglio dell’Organizzazione. Misako riceve l’ordine di ucciderlo, ma se ne infatua. I due intraprendono una relazione, ma Misako viene imprigionata dall’Organizzazione per aver disubbidito agli ordini. Goro Hanada decide così di uccidere il Killer numero uno, in modo da prenderne il posto e poter salvare la sua amata.

I personaggi
Koroshi no Rakuin è costellato di riferimenti al genere noir: la figura di Misako, interpretata da Annu Mari, combacia perfettamente con quella della femme fatale, che ammalia Hanada (Joe Shishido), penetra nella sua mente e fa sì che il killer sia completamente ossessionato da lei. Nell’esoterica Misako ritroviamo il vestiario e l’attitude di Rita Hayworth in The Lady from Shanghai, il magnetismo di Marlene Dietrich, l’aria di mistero ed il fascino di Pina Menichelli: non a caso Suzuki costruisce la voyeuristica inquadratura di Annu Mari vista dal buco della serratura, colta nel sensualissimo gesto di sistemarsi il gambaletto sulla candida coscia. Gli intensi sguardi in macchina ed i gesti di Misako - che oscillano fra la manifestazione di un estremo desiderio di morte e la voluttuosità più violenta - giocano anche con lo stesso spettatore, stregandolo e stupendolo. Leggera come una farfalla e crudele come gli aghi con cui trafigge le sue vittime, Misako riesce così a farsi bramare dentro e fuori il mondo diegetico: confonde e conquista, terrorizza e attira.




Il personaggio di Goro Hanada (Jo Shishido) è altrettanto interessante. Oltre alla mascella prorompente alla Al Pacino e al vestiario da James Bond, il protagonista sembra essere un antenato di John Rambo: il sicario uccide in mille modi, nascondendosi nei luoghi più improbabili e pianificando i delitti al millimetro – ricordando le imprese del nostro caro Diabolik. Scontri armati condotti magistralmente, salvataggi, inseguimenti: Goro Hanada affronta tutto senza batter ciglio. L’unica sua debolezza? Le donne. Mami Hanada (Mariko Ogawa) e Misako saranno coloro che gli causeranno più problemi e turbamenti. Entrambe, incaricate di ucciderlo, gli daranno filo da torcere. L’ossessione è la leva che attiva il triangolo amoroso Misako-Hanada-Mami, scatenando reazioni estreme e violente. Mami pende dalle labbra di Hanada, Goro da quelle di Misako, tutti e tre sono in balia dell’Organizzazione. Passione, gelosia e vendetta si intrecciano alla dipendenza emotiva e ai rapporti che si complicano minuto per minuto.

Il rapporto che Hanada ha con il cibo è parte integrante della sua caratterizzazione:
«[…]About “the smell of rice” in Branded to Kill. Well, I contemplated about a professional killer’s private life. Well, I thought since he is a Japanese killer, he must not like the smell of a T-bone steak. Instead, he must like the smell of the rice. I thought it was the best way to make the statement that this guy is a Japanese killer. There really isn’t a heavy, symbolic meaning for it[…][iv]».
Jo, attore scelto come protagonista «[…]because the company wanted to make Shishido a star[…][v]», è un eroe quindi coraggioso e forte, ma anche sgraziato e buffo. Indimenticabili i momenti slapstick durante gli scontri fra lui ed il Killer n. 1, le cadute durante gli inseguimenti, i movimenti talvolta goffi. In merito alla scelta dell’attore, Suzuki rivela inoltre che
«There were a number of scripts already written for Jo, so I didn’t really pick him to play the main characters form my movies, instead I was assigned to his movies. As a result, we did quiet a few movies together. He often said that, in the films “he can draw a pistol in less than second”. And he was proud of that. He was quite ambitious about doing action films. He was really into making the action scenes as physical ad possible and he was always thinking about how to make better action scenes[vi]».

La sceneggiatura, il montaggio e lo stile Shochiku Film Studio,

La sceneggiatura, scritta da Seijun Suzuki insieme ai suoi sei assistenti e Atsushi Yamatoya – il killer numero 4 –, ha un ritmo eccezionale ed è cosparsa di ellissi. Le riprese, durate solo venticinque giorni, vengono dirette da Suzuki in stile Shochiku Film Studio: «[…]I don’t really shoot any shot that doesn’t make it into the final cut. For my movies I take out the head of the shot with the slate and the tail end if the shot. And line them up according to the number that’s given on the shot, and then, basically, the editing is done[vii][…]», afferma Suzuki nell’intervista rilasciata durante la retrospettiva del suo lavoro ospitata dalla “Japan Foundation and Filmforum” al Teatro Nuart di Los Angeles nel marzo del 1997. In effetti, Koroshi no Rakuin venne montato in sole ventiquattro ore.
Il gran finale
Il film non viene compreso dalla critica, né tantomeno dal pubblico: La Nikkatsu licenzia Suzuki, il quale fa causa alla casa di produzione e ritorna sul set solo nel 1977.
«At the time I had a contract with the studio, but the head of Nikkatsu ignored it and went ahead and fired me! So, I sued them. The reason I sued them was to protect my dignity. Not to sound pretentious, I just didn’t want to follow everything the company ordered to me to do, that’s another reason I sued[viii]».
La Nikkatsu riconosce il valore immenso di Koroshi no Rakuin solo 45 anni dopo, restaurandolo in 4k e presentandolo alla 79° Edizione del Festival del Cinema di Venezia, nella sezione Venezia Classici. A distanza di mezzo secolo, il film riesce ancora a stupire e suscitare il senso di straniamento che allora era considerato invalidante per la pellicola: questa volta, gli spettatori siedono sporti sulla punta della poltroncina e nessuno scolla gli occhi dallo schermo. Applausi scroscianti in sala.
La giuria, di cui io ero parte, gli ha conferito il Leone per il miglior restauro.


[i]Cfr Interview with Seijun Suzuki - BRANDED TO KILL (Alberto Amoruso, 20 ottobre 2020, https://www.youtube.com/watch?v=2_xz2_H48iM ) [ii] Federico Gironi, Nota critica, «La Biennale di Venezia», 2022 (https://www.labiennale.org/it/cinema/2022/venezia-classici/koroshi-no-rakuin-la-farfalla-sul-mirino, consultato il 2 Novembre 2022) [iii] Interview with Seijun Suzuki - BRANDED TO KILL (Alberto Amoruso, 20 ottobre 2020, https://www.youtube.com/watch?v=2_xz2_H48iM ) [iv] Ibidem [v] Cfr. Ibidem [vi] Ibidem [vii] Ibidem [viii] Ibidem
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