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20th Century Women

  • Immagine del redattore: cinebucolico
    cinebucolico
  • 1 apr 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 12 apr 2023

a cura di: Camilla.


Santa Barbara, California 1979: il film, conosciuto anche con il titolo italiano “Le donne della mia vita” e diretto da Mike Mills, si apre con una successione di immagini, tra inquadrature veloci, fotografie d’epoca e delle voci fuori campo che ci presentano la biografia dei personaggi, raccontate in prima persona.


Dorothea Fields (Annette Bening), una madre single di mezza età, vive con il figlio adolescente Jamie (interpretato dall’emergente Lucas Jade Zumann) in una spaziosa casa della California ancora in fase di ristrutturazione. Questo dettaglio riflette la vita stessa dei personaggi, come se con il tempo dovesse prendere forma ed essere consolidata dalle proprie esperienze di vita e un percorso di crescita ben definito. O almeno questo è ciò che Dorothea spera per il figlio adolescente, che non essendo cresciuto con una figura paterna, coinvolge nel processo educativo tre diverse personalità: Abbie (interpretata dall’attrice e regista Greta Gerwig), un’aspirante fotografa di 24 anni dalle inclinazioni femministe che subaffitta una camera del loro appartamento. Julie (Elle Fanning), vicina di casa dal carattere provocante con la quale Jamie stringe un’amicizia e di cui s’innamora. Infine, William (Billy Crudup) un’abile tuttofare dallo spirito vagabondo. Si crea così un nucleo famigliare allargato regolato da goffi tentativi di insegnamento che procedono per generosi consigli, perle di saggezza a ondate intermittenti e aneddoti stravaganti, dando vita ad una riflessione intergenerazionale.

Sicuramente i pilastri della vita del giovane protagonista si confermano le figure femminili che ruotano intorno a questo ambiente famigliare, in particolare la madre Dorothea con cui crea un rapporto conflittuale dovuto alle tipiche incomprensioni generazionali tra figli e genitori.

Nella scrittura del personaggio di Dorothea emerge la componente autobiografica del regista, che in questo coming of age, ha reso omaggio alla figura di sua mamma (rendendolo complementare al suo lavoro precedente Beginners (2010) dedicato al padre). La signora Fields: nata nel periodo della Grande Depressione negli Stati Uniti “quando non c’erano cibo, soldi e televisioni, ma le persone erano vere”, amante delle melodie jazz e del film Casablanca (1942) di Michael Curtiz, sognava di volare e s’iscrisse anche alla scuola di aviazione ma non terminò gli studi.


I personaggi sono inseriti in un contesto preciso sorretto da riferimenti storici che vanno dalla Crisi del ‘29 al discorso di Jimmy Carter in televisione alla fine degli anni ‘70.

Notevole è la fotografia di Sean Porter che conferisce freschezza a questa pellicola dallo spirito ribelle. Altrettanto interessante è la colonna sonora composta e accuratamente selezionata da Roger Neill che fonde pop e jazz, rock e punk con brani dei Talking Heads, Benny Goodman, Louis Armostrong e Rudy Vallée che presta la sua romantica versione di As Time Goes By e richiama il (celebre) tema principale di Casablanca.



Nonostante qualche sottile vena di umorismo, 20th Century Women è contraddistinto da un senso di malinconia profonda perché, come suggerisce il brano che ritorna nella scena finale, il tempo passa ma non siamo stati in grado di catturarlo insieme alla completa verità di un’esistenza. Anni dopo la morte di Dorothea, avvenuta nel 1999, sarà Jamie a diventare genitore e dalle sue parole pronunciate durante l’epilogo traspare un senso di impotenza perché, per quanto lui abbia provato a conoscere sua madre, non sarà mai in grado di presentarla a parole al nipote che non l’ha mai conosciuta.


“Cercherò di spiegargli che persona era sua nonna, ma sarà impossibile”.


Tuttavia, il film si chiude regalando un senso di speranza con una luminosa inquadratura su Dorothea in volo, sorridente e finalmente libera e se stessa più che mai.

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