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Husbands (1970): gli uomini e la crisi di mezza età

  • Immagine del redattore: cinebucolico
    cinebucolico
  • 23 gen 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

A cura di: Hati.



Se qualcuno merita di essere incoronato come il padre fondatore del cinema indipendente americano questo è sicuramente John Cassavetes.

Ha definito e rifinito che cosa sia essere indipendenti dalle grandi case di produzione.

Se ad Hollywood la ricerca del blockbuster perfetto era l’obiettivo principale, con budget astronomici e volti facilmente riconoscibili, per Cassavetes, la direzione opposta era l’unica via d’uscita da regimi artistici ed economici troppo limitanti, autofinanziando i suoi lavori ed incorniciando la sua famiglia e i suoi amici nelle sue storie. Nella “catastrofe” della produzione di massa dell’intrattenimento cinematografico, Cassavetes si dedicava ad un’espressione artistica visiva interpersonale del cinema.

Se i film hollywoodiani si concentravano su caratteri come individualismo, competizione tra i personaggi, materialismo, status e retoriche capitaliste ed imprenditoriali, i film e le storie che Cassavetes realizzava si incentravano sulla sensibilità umana, sulla reattività emotiva dei soggetti, senza cercare di creare conflitti tra i personaggi ma cercando di rappresentare collisioni interiori e confuse dei personaggi e di come queste collisioni fossero più interessanti dei conflitti con gli altri. Lotte interiori che portavano una maggiore comprensione del Sé, ciò che i personaggi vincono o perdono non è lo status, il denaro o la “ragazza” ma la crescita o il deterioramento interiore, emotivo, spirituale.

Cassavetes sfrutta le credenze, le opinioni, le rappresentazioni e i valori della società americana per dar forma alle azioni e alle reazioni emotive e psicologiche dei suoi personaggi.



“Husbands” (1970) di Cassavetes è una commedia un po’ dark su tre uomini di mezz’età (Gus interpretato dallo stesso John Cassavetes, Archie e Harry rispettovamente interpretati da Peter Falk e Ben Gazzara) che cercano di affrontare l’idea della loro imminente morte quando improvvisamente perdono un loro amico.

La sconclusionatezza delle scene lunghissime senza un obiettivo prestabilito e la stessa mancanza di azione concreta trasfigurano l’idea che Cassavetes aveva sulla morte: la non reazione, il non sapere che cosa fare, o cosa farsene di quei minuti ridondanti di opaca assertività.

Cassavetes nel film non ha intenzione di chiarire allo spettatore le loro intenzioni, mantiene sfocati i luoghi e spesso anche le immagini per non fingere intesa con le intenzioni dei personaggi. Ogni espressione dei loro stati è mediata socialmente e compromessa emotivamente, palesando la "natura" mascolina patriarcale che non permette la totale espressione dei propri sentimenti, tutte le emozioni si incurvano in litigi, vanterie, battute, complimenti sessisti, critiche, frasi d’amore, violenza verbale e fisica e tutto dev’essere interpretabile per lo spettatore, perché non ci sono rivelazioni dirette della loro repressione a quella fase della vita.

Se come dicevo prima il valore principale è la sconclusionatezza dei personaggi stessi, tutto quello che questo film può rappresentare è un comportamento crudo che deve andar oltre a qualsiasi moralismo.

Queste contorte complessità, questo disordine espressivo dei suoi personaggi sicuramente cambia la formula classica della convenzionalità drammatica delle storie hollywoodiane, se i personaggi stessi fanno le cose senza saperne il motivo o avere un obiettivo, avranno la libertà di confondersi in mille narrazioni e non dover seguire un singolo piano generale d’azione, i personaggi mutano andando avanti, si confondono con le loro stesse azioni perché nell’universo immaginario di Cassavetes la vita è scivolosa ed in continua transizione.



Questa “commedia sulla vita, la morte e la libertà”, come lo stesso film è sottotitolato, è piena di atteggiamenti terribili e di azioni caotiche dei personaggi che inevitabilmente vengono giudicate dagli spettatori che si divideranno in chi percepisce il coraggio di voler smascherare la bruttezza dell’egocentrismo maschile e tra chi penserà che sia un film pieno di sessismo e volgarità.

Nel mio piccolo posso dire che questo film non fa che anatomizzare e sondare degli atteggiamenti cruenti che fin dalla prima infanzia vengono incorporati nel genere maschile per definire la loro idealizzata posizione dominante, e nei meccanismi di una maschilità iper-caricata Gus, Archie e Harry cercano solamente di sconfiggere, con gli unici strumenti che pensano di avere, la loro paura della morte e della solitudine che essa si trascina.


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