I palindromi di Solondz
- cinebucolico
- 11 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 dic 2022
a cura di: Hati.

Aviva ha 12 anni, il suo unico desiderio è diventare madre e fa di tutto perché questo accada, quando rimane incinta i suoi genitori le impediscono di portare avanti la gravidanza, così prende la decisione di andarsene di casa cercando di avere un bambino, si perderà, però, in un mondo strano e parodisticamente inquietante.
La peculiarità dei “brutti” film di Solondz sta nella sua capacità, che è intrisa di una profonda sensibilità al linguaggio del disagio, di essere il maggior esponente di un’ironia acida ed aspra caratterizzata dalle sue storie devianti, faticosamente difficili da smaltire ed assimilare. Non si capisce bene di che materia sia fatta la sua mente, di come percepisce il mondo e che cosa intende dire con i suoi lavori, ma se presi in un’ottica di imparzialità, i film di Solondz sono la decostruzione del disagio sociale della società statunitense contemporanea, probabilmente nessun altro regista è capace di rivelare in modo così trasparente, diretto ed imparziale l’animo animale che persegue (o precede) l’essere umano.
Palindromes è probabilmente la pellicola più politicamente scorretta di Solondz, si racchiude nel personaggio di Aviva, nome per l’appunto palindromo che rimane chiuso in sé stesso quanto il suo personaggio che nonostante nel film continui a cambiare sembianze, interpretata appunto da otto attori diversi (due donne, un ragazzo, quattro ragazze e una bambina), viene definita e racchiusa dal suo incessante desiderio di voler avere un figlio. Ed è così che Solondz si immerge nel significato della vita: puoi cambiare sesso, razza, età e corporatura ma quello che sei non potrà mai cambiare, la desolazione che l'animo umano sia immutabile e fermo, e che sia il guscio dei desideri più malsani e amorali.
Tutti i personaggi collassano nella loro disperazione comica, compassionevolmente derisi e manipolati dal regista che confonde le atrocità con la commiserazione, la crudeltà con il romanticismo, in uno stile indie semplicistico classico del movimento mumblecore statunitense.
Palindromes fa qualcosa in più: decostruisce la romanticizzazione del sesso; Aviva, infatti, non è attratta da nessuno in senso romantico, come una bambina in un qualsiasi immaginario infantile, ma gli “uomini” diventano un semplice mezzo per il suo scopo: avere un figlio. Il suo corpo o forse è meglio dire i suoi corpi, sono così privati dal piacere fino all’ultima scena. Ed è così che congiungere la purezza simbolica dei bambini assieme a qualcosa di violento come il sesso non goduto (ma consenziente) è qualcosa che ci costringe a cambiare la nostra percezione del mondo, a “solondizzare” la spudoratezza di Aviva.

Questo groviglio malsano ha apice in uno dei momenti più peculiari del film: la fiabesca e religiosa casa dei Sunshine: accogliente, utopica e antiabortista, essenziale per definire il confine simbolico con la propria famiglia naturale: apprensiva, realistica e abortista. I Sunshine riempiono così, in modo buffo e totalmente folle, le aspettative di Aviva sulla famiglia, quelle che le erano state portate via dai genitori nella clinica per abortire.

La purezza e la follia, il sogno e la realtà sono miscela di un distopico mondo che non matura e ne marcisce, che si rivela solo nello sgomento dello spettatore, che ha visto e percepito, ad una certa distanza, la perversione infantile nello sguardo dell'adulto, dove il confine della pedofilia e del sesso è distorto e spaventosamente sciupato, cos’è giusto e cos’è sbagliato nei mondi di Solondz? Cos’è realtà e cos’è sogno?
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